La Sbrisolona, una torta antica.
- unpizzicodispezie
- 26 mar 2021
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 29 mag
3 OTTOBRE, GIORNATA NAZIONALE DELLA SBRISOLONA
Ambasciatrice Laura Bertolini per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar
L’Italia, si sa, è estremamente ricca di luoghi carichi di tradizioni ed espressioni gastronomiche: Mantova è uno fra i più importanti di questi. La cucina mantovana è “di Principi e di popolo”, come si suole dire, capace di accontentare e conquistare i diversi strati sociali e le diverse possibilità economiche; raffinata come si confà ad una corte importante come quella dei Gonzaga, ma anche abile nel trasformare tutto in qualcosa di commestibile e gustoso.

I Gonzaga erano così attenti alla tavola da prendere al loro servizio Bartolomeo Stefani, autore del testo “L’arte di ben cucinare et istruire i men periti in questa lodevole professione”, datato 1662. Cardini della cucina aristocratica erano i Tortelli di zucca e gli Agnolin. I primi sono ravioli ripieni di zucca, amaretti, mostarda di mele e noce moscata, serviti con burro nocciola, salvia ed abbondante grana; i secondi sono ravioli di carne preparati in brodo e, a volte, serviti in tazza insieme ad un goccio di lambrusco, i famosi “sorbir d’agnolin”. La cucina locale popolare ha i suoi punti fermi nel Risotto alla pilota: Vialone Nano cotto per assorbimento, condito con salamella e grana oppure reso ancora più competo con l’aggiunta di costine rosolate. Ma anche rane, lumache e pesci di acqua dolce sono molto usati. Erbe selvatiche ed ortaggi rendono più gustose le preparazioni a base di alimenti poveri: ne sono un esempio gli Gnocchi all’ortica o le Crespelle alla borragine. La cucina del popolo, inevitabilmente, influenzò quella dei Principi, che da essa trasse alcuni spunti, arricchendola ed ingentilendola. Così è stato per la torta Sbrisolona. L’origine del dolce, che risale a cavallo tra ‘500 e ‘600, sarebbe infatti, contadina, come testimonia l’uso della farina di mais, ingrediente fondamentale della ricetta, dello strutto e delle nocciole. Sembra che la si preparasse in occasioni speciali, come la nascita di un bambino o una promessa di matrimonio, per poi essere conservata a lungo. Si nobilitò con l’arrivo alla corte dei Gonzaga, che la arricchirono introducendo zucchero, spezie e mandorle. Ma anche a livello della cucina popolare, con il passare del tempo, la ricetta fu interpretata ed ingentilita: minore presenza di farina di mais, sostituzione dello strutto con il burro e, quindi, maggiore morbidezza del composto. Chiamata in diversi modi -sbrisolina o sbrisulada- il dolce deve il nome al dialetto mantovano: brisa, infatti, è proprio la briciola. Nel nome si è voluto proprio ricordare e sottolineare la sua friabilità, le briciole grandi e piccole che si formano quando viene spezzata per essere consumata. E’ proprio il metodo di preparazione che la caratterizza e che è rimasto costante ed immutato nel tempo: gli ingredienti, infatti, vanno lavorati velocemente, in punta di dita, in modo da ottenere un composto sabbioso e messo in teglia in modo casuale proprio al fine di preservarne l’aspetto disomogeneo. Allo stesso modo, non è mai mutata la tradizione di non tagliare la torta in modo regolare con un coltello: da sempre la si spezza con le mani, ottenendone pezzi irregolari e le ormai ben note briciole. Era, ed è ancora, uso consumare la torta bagnandola con la grappa o accompagnandola con un vino liquoroso.
(Articolo scritto da: Stefania Pigoni – Fonte: https://www.aifb.it/calendario-del-cibo/giornata-nazionale-della-sbrisolona/)








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